Agli auguri preferiscono i gioielli

Aron

Nuovo anno e nuovi auguri. Un 2008 al traguardo che aspetta lí arrivo di un anno severo, un nuovo professore che sarà in cattedra per 12 mesi e che già incrina le gambe delle ultime file. Buon Natale, e ogni volta mi chiedo quale significato nasconda il giorno più rosso dell’anno. Rosso e bianco, come le bandiere che sventolavano nell’URSS quando sono nato, come i fiocchi e le carte regalo di questi giorni. Come la grafica della Coca-Cola, di sicuro.
Allora? Meglio camminare, impuntare il teschio di Lenin sulla giacca, acquistare un micro regalo per la mamma e bere un drink analcolico fatto di caramello e bollicine. Potrebbe essere un giorno come un altro e ciò che faccio non mi cala nell’atmosfera, l’otto dicembre - senza albero nè presepe da montare - non sembra essere Natale. Non sembra Natale senza casa, senza donna, senza una buona azione.
Forse però quest’anno è meglio. Il terrore mediatico per la crisi e la chiusura dei primi dettaglianti mi fa sentire incredibilmente al sicuro. Unito agli altri, finalmente un po’ più dimessi. Oggi avrei voluto lasciare un cartone colmo di cibo in scatola al fianco della Stazione Centrale ma alcune latte erano ormai scadute, poi il male nel pensiero di procurare una bella diarrea ai barboni e infine la decisione di buttare tutto nell’umido: vetro, cibo, alluminio e carta.
Non sono buono e non posso fare molto, ho una sola richiesta per il giorno più rosso: sparisca quella popolazione spavalda di giovani attaccati al cellulare, alla guida di piccole auto di lusso, che indossano i marchi contraffatti non per qualità ma per immagine, spariscano i dentifrici che sbiancano subito i denti.
Se tornerà la guerra al tartaro e alla carie, se tornerà la sostanzialità del valore tornerà il buon senso.
Auguri.